Memoria

 

Border – Installazione di LandArt sul confine turco siriano

L’opera di LandArt “Border” ha vinto il Premio Espoarte in occasione di Arteam Cup 2017 ed è stato presentato in anteprima italiana  presso BonelliLAB (Canneto sull’Oglio-MN) dal 29 Ottobre al 19 Novembre 2017.

Video esplicativo (montaggio a cura di Francesca Pesce)

E’ stata pubblicata su varie riviste tra cui Espoarte 102/2018, Yearbook 2/2017, Topscape Paysage 30/2018.

Antica città di Karkemish (moderna Karkamış, Gaziantep, Turchia sud-orientale): Mesopotamia, sponda ovest dell’Eufrate, confine turco-siriano a 30 chilometri da Kobane

Fra le rovine dell’antica città di Karkemish, un campo minato, un cimitero militare, un muro e il progetto per un Nuovo Parco Archeologico sul confine più “caldo” del globo.

“Cosa può significare una linea dipinta sul terreno, una pietra abbandonata su una collina, uno stelo rosso che ondeggia al vento? Il paesaggio modificato da un’azione umana, spontanea o volontaria,  temporanea o fissa che sia, quale conseguenza può avere sull’animo umano? Tale azione stimola la riflessione e la memoria: la mente è indotta a scavare il passato recente o antico, per non dimenticare.

Le mine antiuomo interrate e poste lungo un confine ci ricordano ogni giorno quanto l’uomo sia in grado di azioni di una violenza inaudita, totalmente prive di senso. Non ci possono essere mezzi termini per spiegare questo fatto. Il mutamento del paesaggio con un’azione artistica che sostituisca un diabolico ordigno di guerra con un’opera d’arte che (rossa come il sangue e leggera come i pensieri) risuona al vento, ci ricorda la stessa azione umana priva di senso ma di senso contrario, ci ricorda anche e soprattutto la necessità di non ripetere i medesimi incredibili errori. Al tempo stesso ci impone di riflettere sull’importanza di porre in essere azioni finalmente davvero degne dell’Uomo e capaci di ribaltare il senso delle cose. La conversione dell’uomo, ovvero il suo cambio di rotta interiore verso azioni significative e votate al bene è il compito dell’arte contro ogni guerra, contro ogni violenza. In questo senso l’opera di land art “Border” è l’ultimo, disperato tentativo di chi in buona fede si oppone non ad una, ma a tutte le guerre della storia. Ogni mina, simbolo di morte e distruzione, ritrovata sul terreno, è stata sostituita con il suo simbolo omologo e contrario, uno stelo rosso che ondeggia al vento della storia e inverte il senso di ogni deprecabile azione umana.

Il paesaggio come lo spazio, quello fisico, vanno vissuti. C’e’ poi un altro paesaggio/spazio interiore che deve essere stimolato ogni giorno per non rischiare che muoia. I campanelli che risuonano nell’aria riportano l’attenzione della coscienza a questi valori, a queste riflessioni, a queste inversioni di senso.

Volgere lo sguardo verso una terra oltreconfine è un’azione semplice. Così come ragionare sul concetto di confine è un’azione dovuta, necessaria. Cos’è una linea inesistente? Cosa separa in realtà due terre che della stessa terra sono fatte? Messa da parte ogni questione politica, può davvero una linea segnata su una mappa decidere della vita delle persone?

L’arte in tutto ciò ha il ruolo del ricordo e della denuncia, ma soprattutto della lotta contro l’indifferenza. E’ necessario creare situazioni che producano pensieri, ricordi. E’ necessario lottare contro gli indifferenti, diceva Gramsci. E’ necessario risvegliare gli animi, diciamo noi”.

Border in breve:

Anno di realizzazione: 2017

30 pali alti 600 cm in alluminio dipinto con pittura rossa infissi nel terreno (al posto di ogni mina antiuomo ritrovata). Sonagli e luce all’estremità alta.

L’opera è una installazione realizzata a Karkemish (moderna Karkamış, Gaziantep, Turchia sud-orientale) sul confine turco siriano. 30 pali rossi in alluminio infissi nel terreno a ridosso del muro di confine e del cimitero militare invitano il visitatore a meditare sull’atrocità di ogni conflitto. I sonagli che muovono al vento e le luci solari che si accendono al tramonto riconducono la memoria ai bambini e agli uomini morti su ogni confine per vie della guerra e delle mine antiuomo. Ogni stelo infatti è la sostituzione di una mina antiuomo ritrovata e disattivata in questa zona negli ultimi 4 anni. Nella notte le cime degli steli brillano confondendosi con la stellata del cielo mesopotamico.

Collaborazioni: Francesca Pesce

Foto e video riprese: Massimo Ferrando